A voler essere precisi, Joal Fadiouth sono due luoghi in uno.
Joal è una stretta penisola all’estremità di Petit Cote, in Senegal. Ospita un piccolo villaggio di pescatori, con le sue piroghe colorate e i ritmi di vita scanditi dal mare.
Fadiouth invece è una piccola isola, collegata a Joal da un ponte in legno lungo circa 800 metri. È interamente formata da gusci vuoti di conchiglie, accumulate qui nel corso dei secoli dai pescatori di molluschi.
Sono molte le cose che rendono Joal Fadiouth unica e magica. Innanzitutto, lo straordinario equilibrio con la natura che Joal ha saputo creare e mantenere inalterato fino ai giorni nostri. I molluschi, di cui la zona è ricca, vengono pescati a mano dalle donne del villaggio. Se ne nutrono e ne fanno commercio. I gusci vuoti non vengono gettati, ma accumulati. Milioni di gusci sono stati utilizzati, nel corso dei secoli, per costruire le abitazioni del villaggio e per realizzare strade e vialetti.
Non solo. Oltrepassando il ponte, si accede a Fadiouth ed è qui che esplode la magia. Fadiouth è un’isola di poche centinaia di metri, abitata esclusivamente dalle anime di pescatori defunti, un cimitero di conchiglie dove riposano coloro che in vita hanno raccolto quelle stesse conchiglie per nutrirsene. C’è una profonda saggezza nell’ecologia di questo processo. Un rispetto per l’ordine delle cose che noi occidentali sembriamo aver perso.
Ma c’è di più. Fadiouth è l’unico cimitero del Senegal in cui le divisioni religiose non contano. Qui sono sepolti cristiani, musulmani e animisti.
Joal è un villaggio quasi interamente cattolico, con una minoranza musulmana del 10%. L’armonia tra persone di fedi diverse è tale che vi è un solo cimitero, nel quale ad ogni sepoltura è concesso di esprimere liberamente il suo credo. Alle croci cristiane si alternano i feticci animisti e le stelle e lune musulmane. Passeggiando lungo i vialetti dell’isola, ombreggiati da imponenti baobab, ogni famiglia onora la memoria dei propri defunti.
I pescatori di Joal Fadiouth sembrano dirci che nessun credo religioso può separare i destini di chi ha pescato nello stesso mare.
Arrivo a Joal Fadiouth di mattina. All’ingresso si è invitati insistentemente a prenotare una visita guidata.
Nel villaggio c’è un consiglio degli anziani che regola la vita comune e che ha deliberato in merito. I giovani del posto trovano così lavoro nel turismo e devo dire che sanno illustrare efficacemente lo stile di vita che caratterizza il villaggio.
“L’amore è alla base di tutte le cose. Qui viviamo tutti in armonia, cattolici e musulmani”, ci spiega in inglese la nostra guida. È un omaccione robusto, dal sorriso smagliante. “L’amore in Africa ha un sapore particolare”, ridacchia. “Se ci sono donne single tra voi che vogliono averne un assaggio, sono a completa disposizione”. Continuando ad alternare massime filosofiche ad allusioni sessuali, la guida ci intrattiene mentre passeggiamo lungo le strade di Joal. Le conchiglie scricchiolano sotto ai nostri piedi.
Non è permesso accedere con automobili sull’isola, quindi l’unico rumore che sentiamo è quello dei passi che producono rumori musicali. Le casette sono decadenti e “sgarrupate”. I muri, sbucciati dalla salsedine e dal tempo, rivelano l’impasto di calce e conchiglie di cui sono composti. Per le stradine ci sono le bancarelle degli ambulanti, che vendono oggettistica locale e molluschi essiccati.
“Questo è il nostro camembert”, ci dice una signora. “Assaggiatelo. Ha lo stesso sapore del formaggio francese. Ne consumiamo tantissimo. È una prelibatezza!”
Mentre attraversiamo il ponte che ci porta a Fadiouth, notiamo i resti di un altro ponte, ben più antico. “Quello è il vecchio ponte. Era così malandato che l’amministrazione ha dovuto costruirne uno nuovo. Ma la popolazione era davvero affezionata al primo ponte, così abbiamo deciso di non rimuoverne i pilastri. Rimane per noi un ricordo prezioso”.
Il cimitero mi lascia senza fiato: è una distesa surreale di conchiglie disseminata da lapidi e baobab. Sembra di essere su un’altra dimensione. “Queste sono le tombe degli animisti. Sono ornate con statuette a forma di pesce, perché vi sono sepolti dei pescatori”. Al centro dell’isoletta, svetta una grande croce bianca, che proietta la sua ombra a terra. Alcune donne, vestite con colori sgargianti, fanno visita ai loro cari defunti. È tutto così malinconico e intriso di dignità.
Quando torno al ponte per raggiungere di nuovo la terra ferma, lo scenario è completamente cambiato. Nel pomeriggio c’è bassa marea, quindi la lingua d’acqua che separa Jaol da Fadiouth è diventata una distesa di sabbia acquitrinosa percorribile anche a piedi. Le donne sfruttano questo momento della giornata per raccogliere i molluschi, per lo più ostriche e pettini. Anche i maiali scorrazzano liberi di grufolare tra la sabbia in cerca di proteine.
Decido di unirmi alle pescatrici di molluschi e di scambiare qualche parola con loro. Non riesco ad avvicinarmi troppo, perché la sabbia è sottile e si affonda con facilità. Una di loro però mi viene incontro incuriosita. Le altre donne le fanno cenno di lasciarmi stare, di ignorarmi.
“Perché non vogliono che parli con me?”, le chiedo.
“Non amano i turisti. Stanno lavorando. Non indossano i loro vestiti migliori e non vogliono essere fotografate così”.
“Che peccato”, rispondo. “Per cortesia, spiega che trovo molto interessante il vostro lavoro. Se fotografo è solo perché credo che meriti di essere mostrato. Posso vedere come raccogli le conchiglie?”
La donna mi sorride e mi mostra come rastrella la sabbia con un coltello ricurvo. Poi la passa con un setaccio così da rimuovere la grana dalle conchiglie. Ha braccia muscolose, degne di un culturista. Parlano di una vita dura, fatta di fatica fisica. Parlano di un legame stretto con la natura, di continuità con le donne delle precedenti generazioni.
Lascio Joal Fadiouth con il rammarico di non essermi trattenuto più a lungo. Se vi capita di visitare il villaggio, prendetevi il giusto tempo. Perdetevi tra i vicoli e ascoltate lo scricchiolio delle conchiglie ad ogni passo. Osservate le pescatrici di molluschi e respirate l’aria dolce e salmastra. Sedete all’ombra di un baobab, magari leggendo un libro, tra le tombe dei pescatori di diverse religioni.
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1 Comment
Che posto stupendo