“Tre cose l’uomo non si stanca mai di guardare: l’acqua, il fuoco e il bazar”
– proverbio uzbeko
Lascio Samarcanda all’alba, con gli occhi pieni delle splendide prospettive del Registan, e mi immetto sulla strada per Tashkent, la capitale uzbeka, che girerò per qualche ora prima di dirigermi all’aeroporto, concludendo il mio viaggio in Uzbekistan.
Ma prima mi concedo una piccola deviazione a sud, per visitare il mercato di Urgut, che si trova a circa 40 km da Samarcanda.
Il Bazar di Urgut è un famoso mercato locale che vanta una grande offerta di tessuti e gioielli.
Sono felice di potermi immergere ancora una volta nei vicoli di un suq uzbeko: durante il mio soggiorno, sento di aver affinato l’arte della contrattazione.
All’inizio mi sentivo piuttosto a disagio, ora invece interpreto la commedia con maestria e divertimento: guardo un oggetto fingendo scarso interesse e ne chiedo distrattamente il prezzo; quando il commerciante quota il prodotto, mi mostro esterrefatto, sgrano un tantino gli occhi, agito le mani e alla fine propongo un prezzo di poco inferiore alla metà di quello inziale.
A quel punto, lascio che sia il venditore a mostrarsi esterrefatto, agitare le mani e arricciare le labbra in un broncio di estremo disappunto. Aspetto che proponga un nuovo prezzo, che io reputerò ancora molto al di sopra delle mie tasche. La danza della contrattazione si protrae così per diversi minuti, in un crescendo di rilanci e ribassi. Di tanto in tanto, ci sfugge un sorriso o un’occhiata divertita. Poi, la negoziazione sembra giungere ad un punto morto: nessuno dei due cede e non si arriva ad un accordo. È il momento del colpo di scena: scuotendo la testa, restituisco il prodotto e mi allontano dalla bancarella.
“No way. It’s too much!”, sospiro voltando le spalle.
Il commerciante mi rincorre, portandosi dietro l’articolo a cui ero interessato, lo ripone tra le mie mani e mi prega di tornare.
“I’ll make a good price, I promise!”
Arriva l’offerta finale, assai più ragionevole rispetto a quella iniziale. Annuisco con la testa, rendendo il mio gesto di assenso autorevole e ufficiale. Il venditore mette il prodotto in una busta e me lo porge soddisfatto. Mi congedo con grandi sorrisi e strette di mano.
Un detto uzbeko recita: “se non contratti, il venditore si offende!”
Io aggiungo che se non diventi amico del venditore, non hai contrattato abbastanza!
Un grande cancello di metallo regola l’ingresso al mercato di Urgut. All’interno, le stradine formano un reticolo geometrico ed ordinato. L’attività commerciale è al suo apice: uzbeki, tajiki e kirgisi affollano le viuzze. Sebbene i prodotti cinesi siano ormai prepotentemente presenti, l’atmosfera resta tradizionale e niente affatto turistica.
Vanno per la maggiore i negozi di vestiti da cerimonia per bambini, con abiti da comunione che assomigliano a vestiti da sposa in miniatura; ogni angolo ha la sua bottega di calzature e biancheria intima, il suo negozio di cartoleria per la scuola e giocattoli (tutti rigorosamente made in China).
Ovviamente non mancano le aree dedicate allo street food, con arrosticini, prodotti da forno e soprattutto ceste di coni gelato artigianale, che vengono conservati dentro a comuni borse termiche e venduti sfusi. Vanno a ruba e tutti sembrano gradirli, ma non ho il coraggio di assaggiarne uno.
Mentre passeggio per gli affollatissimi vicoli del mercato, mi godo l’ultimo assaggio di ospitalità uzbeka. Non c’è persona che mi neghi una foto, un sorriso, una stretta di mano. Al mio arrivo in Uzbekistan, diffidavo di tanta gentilezza, ma ho imparato che davvero non c’è trucco e non c’è inganno. Gli uzbeki sono un popolo di grande cuore. Ognuno conosce il suo posto nella società e sa relazionarsi agli altri con grande armonia. Ringrazio ogni signora anziana, ogni giovane donna, ogni bambino e ogni sorridente venditore dopo ogni scatto. Tutti si divertono a rivedersi e mi ringraziano come se avessi regalato loro un momento di eternità.
Lascio il mercato con una sensazione di commozione per la gentilezza ricevuta. L’Uzbekistan è davvero il luogo giusto per chi vuole sentirsi coccolato.