La pianura di Bagan (o Pagan) è famosa in tutto il mondo per le migliaia di rovine di stupa e templi. La vista sulla radura al tramonto lo rende uno dei siti più spettacolari di tutto il sud-est asiatico.
Per secoli, prima di essere abbandonata a se stessa, l’area è stata meta di pellegrinaggio buddista e ancora oggi si respira un’atmosfera di profonda spiritualità. Uno scenario che non ha nulla da invidiare ad Angkor Wat o Machu Picchu ma che ha, rispetto a questi, un grande vantaggio: molti meno turisti.
Quando, a febbraio 2020, i giornali riportano la notizia di due turisti italiani che si erano recati nei templi di Bagan per girare un filmino porno amatoriale, il mio cuore è stato trafitto da un enorme dispiacere.
Ho visitato la zona qualche anno fa e ne sono stato così coinvolto emotivamente da non riuscire a raccontare subito la mia esperienza. Complice un gruppo di compagni di viaggio eccezionali e un paese che lenisce ogni ferita con l’arma infallibile della gentilezza, mi commuovevo al solo ricordo del Myanmar e rimandavo di scriverne.
Bagan è rimasto un luogo segreto nel mio animo per molto tempo. Si devono avere le pigne nel cervello per insudiciarlo con la propria pochezza. E per bilanciare il torto subito, ho deciso finalmente di dedicare a Bagan lo spazio che merita nel mio blog viaggi.
Il parco archeologico di Bagan ha un’area di circa 40 kmq: visitandolo, si possono scorgere edifici di ogni dimensione, dai piccoli stupa che spuntano solitari nei campi ed identificati solo da un numero, fino a pagode di grandi dimensioni, come l’Ananda Phato e il tempio Dhammayan Gyi, che contengono interessanti reperti storici e svettano fino al cielo, disegnando il particolarissimo skyline della vallata.
Si possono trascorrere giornate intere ad esplorare la zona, oppure limitarsi ad una gita in calesse tra le rovine più note della pianura. Al tramonto si può salire sui templi restaurati e accessibili al pubblico e godere di una vista magnifica, capace di riconciliare col creato. Spettacolare anche il volo in mongolfiera all’alba.
Bagan si trova nella regione di Mandalay, al centro del Myanmar. Benché la città avesse raggiunto proporzioni notevoli già nell’850 d.C, è tra il 1000 e la fine del 1200 che diventerà il centro di un fervore religioso senza pari. In questo periodo, infatti, la città si converte dall’Induismo al Buddismo Theravada con tale slancio che i re birmani costruirono più di 3.500 templi e stupa nell’area. Bagan divenne così meta di pellegrinaggio religioso per tutti i buddisti del sud-est asiatico.
Nel 1287 l’area fu invasa e devastata dai mongoli di Kublai Khan, ma sembrerebbe che la paura di un’invasione cinese avesse già portato i birmani ad abbandonare la città. La zona fu progressivamente saccheggiata dei materiali più preziosi, come le pietre e i metalli pregiati che decoravano le statue di Buddha e le pareti dei templi, e divenne poco sicura fino al diciottesimo secolo per via delle scorribande di ladri e predoni.
Solo l’arrivo degli inglesi stabilizzerà l’area consentendo ai birmani di tornarvi a vivere e ai beni archeologici di venire salvaguardati. Pensate che molti dei nomi con i quali oggi conosciamo gli edifici di Bagan sono stati inventati di sana pianta dal delegato di Yangon mentre li mostrava al rappresentante britannico: non aveva il coraggio di dirgli che non li conosceva e che non ce n’era traccia nei registri statali!
Nel 1975 e nel 2016 due terremoti hanno colpito Bagan, distruggendo parte degli edifici rimasti.
L’opera di restauro è partita tempestivamente, abbinando tecniche di ricostruzione tradizionali ad interventi tecnologicamente avanzati. L’UNESCO ha finanziato diversi lavori di restauro, con la speranza di poter iscrivere il sito tra i Patrimoni mondiali dell’Umanità. Purtroppo però la giunta militare che ha governato il paese dal 1988 al 1997 è intervenuta con restauri talmente irrispettosi dello stile originario da impedire tale nomina. Nel 2019, con l’impegno del governo birmano a procedere con restauri più rispettosi, Bagan è stata ufficialmente inserita nella lista dei siti candidati a divenire Patrimoni mondiali dell’Umanità dall’UNESCO.
Speriamo sia la volta buona!
Arrivo a Bagan in calesse, con un gruppo di sconosciuti che diventeranno presto dei carissimi amici. Amici di quelli rari, che sanno accogliere e non giudicano. Amici che ti fanno ridere se ti vedono triste, ti offrono un biscotto se hai fame e una spalla su cui riposare quando il jetleg si fa sentire. Ho la sensazione che in Birmania arrivino pochi turisti e molti viaggiatori: persone che sanno rispettare il posto che visitano e che hanno capito che ogni viaggio è soprattutto interiore.
Bagan, con i suoi vasti spazi disseminati di templi senza tempo e pagode dorate, esprime appieno la dimensione spirituale che in Myanmar addensa l’aria rendendola una medicina per l’anima.
Scendo dal calesse e ringrazio il cocchiere. Durante il tragitto, mi ha insegnato qualche parola in birmano. Sono stato un pessimo studente, nonostante l’ottimo insegnante!
Muovo i primi passi verso il tempio.
“Piano piano”, dice una vocina. “Chi va piano va sano e va lontano!”
Mi guardo intorno, non vedo nessuno. Guardo in basso. Una bambina di circa 12 anni mi fissa e mi sorride.
“Italiano?”
“Sì!”
L’approccio ha funzionato. Adesso ho due occhioni neri pieni di orgoglio puntati contro. La bambina mi chiede se voglio comprare qualcosa, un souvenir per la mia fidanzata, mamma, nonna, amica. Tra le sue dita oscillano tanti campanellini tibetani.
“Quanto costano?”
Spara un prezzo altissimo. Contratto un po’. Lei è tenacissima, ma io non mollo. Alla fine cede. All’improvviso mi rendo conto di aver strappato un mega sconto ad una bambina di 12 anni, che dovrà renderne conto alla madre. Sono stato momentaneamente posseduto dallo spirito del turista occidentale. Arrossisco: in fondo cosa sono per me pochi euro in più? Tiro fuori dalla tasca la prima cifra che mi ha chiesto, facendo finta che la contrattazione sia stata solo un gioco. Lei prende i soldi, mi guarda stordita, non capisce. Le sorrido e la saluto.
“Chi va piano va sano e va lontano!!!”, dico.
Lei ride e si allontana, soddisfatta della vendita.
Visito diversi templi, ci sono pochi turisti in giro. Sulla sommità di alcuni edifici, scorgo dei bambini con dei libri scolastici. Le mamme sono commercianti locali, vendono souvenir. Loro invece trascorrono i pomeriggi sui templi e si tengono al passo coi compiti. Li osservo per un po’. Si prendono spesso pause per giocare tra loro, si rincorrono intorno agli stupa e gridano di eccitazione. Non sono poi così diligenti, ma che meraviglia! Dove i bambini giocano e studiano si respira speranza per il futuro dell’umanità!
Il tramonto a Bagan è sensazionale: ci si raduna tutti sui templi per godere della vista sulla pianura. I gradini sono ripidissimi e le passerelle su in cima, dove si affollano i pellegrini, non hanno nessun parapetto o corrimano di sostegno. Sono pericolosi! Se avete letto le mie avventure in Kazakhstan, saprete quanto io soffra di vertigini. Salgo i gradini barcollando. Un ragazzo americano deve trovare la scena particolarmente buffa, perché ride a crepapelle. Mi tende la mano e dice “Vertigo? Come on, I’ll help you!”
Mi sistemo in un angolo e mi godo il panorama. Vicino a me dei giovani monaci stanno facendo altrettanto. Sono bellissimi. Ci scambiamo sguardi esplorativi, come capita solo in viaggio. Ti guardi, ti piaci, ti sorridi e sei subito amico.
Alle mie spalle arrivano due signori sulla settantina. Sono australiani. “Questo posto è fantastico”, approccia lui. “Lei è mia moglie. Sono in pensione, siamo anziani ormai. Abbiamo deciso di trascorrere il resto della nostra vita viaggiando. Il mondo è un posto meraviglioso e vogliamo vederlo tutto. Insieme.”
“Mi sembra un’ottima idea”, replico io.
Il vecchio australiano annuisce.
Il tramonto scende senza fretta sulla radura e nel giro di mezz’ora inizia a fare buio. Nessuno si muove, per non interrompere la magia del momento. Avverto chiaramente che tutte le persone che mi circondano stanno provando la mia stessa riconoscenza e meraviglia, amplificandole.
Per secoli, Bagan è stata luogo di elevazione spirituale. I sassi dei templi si sono così impregnati di energia positiva che continuano a donarla a chi li visita. Sono luoghi come questi che fanno venire voglia di dare un’altra possibilità all’umanità, alla bontà, a Dio.
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1 Comment
Bellissimo