Con oltre 900 km di reti navigabili, le backwaters del Kerala sono un paradiso in cui immergersi e rilassarsi. Basta imbarcarsi in una comoda houseboat, una “casa galleggiante”, e percorrere i corsi d’acqua. La florida vegetazione e la vivace vita che scorre sui canali conquistano il cuore.
Lascio Munnar a malincuore: le sue piantagioni di tè, la fierezza dei combattenti kalaripayattu e la dolcezza dei danzatori di kathakali mi hanno stregato. Al contempo, sono entusiasta all’idea di ciò che mi aspetta: il mio viaggio in Kerala sta per concludersi ma ho lasciato il meglio per ultimo, le spettacolari backwaters di Alleppey.
Le backwaters indiane sono una rete di oltre 900 km di fiumi, laghi e lagune salmastre collegate tra loro da migliaia di canali navigabili. Le file di palme che li costeggiano e le risaie circostanti sono un vero paradiso per l’occhio e ne fanno una delle principali mete turistiche indiane.
È possibile visitare l’area a bordo di tradizionali houseboat in legno di teak, da cui si godono panorami deliziosi e si può osservare la vita dei pescatori e dei contadini. Anche io cedo al fascino delle backwaters e trascorro un paio di giorni in una houseboat dotata di ogni comfort.
La mia piccola crociera parte da Allapuzha (ancora nota con il vecchio nome Alleppey), che è il vero cuore delle backwaters del Kerala. È soprannominata “la Venezia d’oriente” e la cosa suscita in me una certa ilarità, visto che un paio di anni fa ho visitato un’altra “Venezia d’oriente” durante il mio viaggio in Cina. Alleppey vanta questo soprannome grazie ai canali che la circondano, di grande impatto visivo e proprio per questo solcati da più di 1000 houseboat turistiche.
“La nostra houseboat ha l’aria condizionata, vero?”
È la prima cosa che chiedo a Pandyian, il driver-guida che mi accompagna. La risposta è affermativa e la cosa mi rincuora. Anche se siamo ai primi di gennaio, il caldo non dà scampo e l’umidità satura l’aria e impregna i miei vestiti di sudore.
Una crociera nelle backwaters è un’esperienza davvero appagante, a patto di salire sulla giusta imbarcazione. Le houseboat non sono tutte uguali: alcune sono delle vere e proprie navi di lusso, altre sono delle bagnarole di lamiera. È importante assicurarsi delle condizioni in cui versa la propria houseboat prima di prenotarla. La mia è di dimensioni medio-piccole, con solo tre camere da letto matrimoniali. Ha una grande sala da pranzo al piano di sopra e anche una zona salotto da cui è possibile ammirare comodamente il panorama circostante. Ha pavimenti di legno e bagno privato in ogni stanza. Non posso davvero lamentarmi!
Appena salpiamo, ci immettiamo in una rete di canali che sfociano uno nell’altro, aumentando di dimensioni, fino a prendere il largo nel lago.
Prendo la macchina fotografica e lascio che i panorami scorrano sotto i miei occhi, componendosi in immagini deliziose.
Sulle sponde del lago sorgono piccoli villaggi di pescatori, che solcano i canali con le loro canoe, mentre i contadini lavorano le risaie delle terre salmastre retrostanti. Piccoli sterrati rialzati costeggiano i canali e consentono di spostarsi a piedi. Da secoli, in Kerala, questi canali fungono da strade e questi sterrati da marciapiede.
I pensieri perdono peso davanti a scenari così rilassanti e benevoli e la mente si acquieta, si appisola serena. Senza dubbio, osservare i canali del Kerala è una forma di meditazione che merita di essere approfondita!
Dopo un paio di ore, la nostra house boat getta l’ancora nei pressi di un villaggio di pescatori. I canali interni sono molto stretti, quindi veniamo invitati a salire su delle piccole canoe, con cui potremo insinuarci agilmente nei meandri del villaggio, penetrando così nell’intimo della vita del posto. Oltre tutto, le canoe sono meno inquinanti delle houseboat a motore e in questo modo evitiamo di contaminare l’acqua dei canali interni, ancora oggi usata per cucinare e lavarsi.
Le case sono semiaperte e affacciano tutte sui canali: le persone vivono più fuori che dentro le mura domestiche. I miei occhi si riempiono di stupore incontrando anziane che stendono i panni o lavano le stoviglie nel fiume mentre i bambini sguazzano poco distanti con nuvole di shampoo al posto dei capelli; saluto un uomo che si lava i denti, sciacquandosi la bocca nel fiume, accanto ad una donna che monda le verdure ed una anziana che lava le pentole con cui ha cucinato. Rimango stupefatto dalla fiducia con cui si servono delle acque dei canali, sempre più inquinate a causa del traffico marittimo.
È la stessa fiducia con cui salutano il mio passaggio: agitano le mani, le bocche spalancate in bianchissimi sorrisi, poi posano per la macchina fotografica, seducenti e divertiti. La corrente che spinge la canoa mi avvicina e allontana da loro nel giro di pochi istanti, quindi i nostri saluti sono al contempo un saluto di benvenuto e uno di addio. Gli indiani hanno sguardi penetranti, che da estranei diventano amichevoli in pochi attimi: è impossibile restare indifferenti al loro fascino. Sono sguardi capaci di squarciare ogni distanza, ti illudono che sentiranno la tua mancanza, costringendoti a sentire la loro!
Al termine del tour in canoa, ci fermiamo in un chiosco per comprare il pesce per la cena. I venditori cercano di convincerci che il loro pesce sia il più fresco di tutta la zona, mentre nel retrobottega gli anziani rattoppano le reti bucate. Chiedo il permesso di scattare qualche foto e mi rispondono con sguardi increduli che sembrano dire “c’è forse bisogno di chiedere?” L’India adora fotografare e ancor di più farsi fotografare. Posare per la fotocamera non è un fastidio, ma un privilegio: d’altronde che senso ha fare i timidi quando si è così belli?
Passeggio ancora qualche minuto sui sottili sterrati che fiancheggiano i canali. Incrocio un edificio che sembra spaccato in due, come la sezione aperta di un plastico. Manca una parete e la strada si fonde con l’interno della casa. Una mamma è ai fornelli mentre i figli vivaci si arrampicano sui mobili e sui ponteggi che sostengono la casa, impedendole di crollare. Scatto un ritratto di famiglia, che poi trovo il modo di spedire via mail ad un indirizzo che mi è stato dato. Per poco non vengo invitato a cena come forma di ringraziamento!
Il sole è calato e decido di tornare alla houseboat. Ma il Kerala ha altri programmi per me e mi omaggia di un ultimo regalo: tre fratelli mi tagliano la strada e si tuffano in acqua. La mamma non servirà la cena se prima non si lavano! Sono di una bellezza ancora inconsapevole, né bambini né uomini. La loro spensieratezza è contagiosa e non posso trattenermi dal fare qualche foto. Come si divertono ad essere al centro delle mie attenzioni!
La cena a bordo è gustosa, condita dalle meraviglie della giornata e da un pizzico di gratitudine; la notte sprofondo nel mio letto, cullato e rinfrescato.
Il mattino arriva troppo presto: è il momento di tornare alla terra ferma, salutare Alleppey e proseguire per Cochin, da cui prenderemo l’aereo che ci riporterà in Italia. Cerco di imprimere questi ultimi istanti nella memoria. Mentre navighiamo indietro fino al punto da cui siamo partiti, vedo decine di bambini correre lungo gli esili sterrati, zaini in spalla: si radunano su chiatte galleggianti, in attesa che la navetta pubblica si fermi e li raccolga come chicchi di riso. Oggi è giorno di scuola e tutti hanno qualcosa da imparare. Li guardo con benevolenza, sono loro il futuro del Kerala. Crescete forti e liberi. La vita nelle backwaters è rimasta immutata per secoli, ma sta cambiando e lo fa in fretta. Spetta a voi gestirne l’inevitabile evoluzione.