Chi mi segue sa che negli ultimi mesi sono venuto meno al compito di scrivere con regolarità dei miei viaggi in giro per il mondo. Non è stato per mancanza di materiale: ho ancora diverse destinazioni da condividere sul mio blog viaggi e non vedo l’ora di tornare a farlo.
La verità è che, dopo aver fatto buon viso a cattivo gioco, dopo aver cercato di non buttarmi giù di morale, dopo aver continuato per un po’ a scrivere nuovi articoli per viaggiare almeno con i ricordi (e che ricordi… straordinari!), le preoccupazioni del momento e diversi imprevisti familiari mi hanno costretto a concentrarmi su questioni urgenti e non rimandabili. Ho seguito col fiato sospeso il ricovero per covid di amici e familiari. Ho assistito mio padre, che ha deciso di farci prendere un brutto spavento, e i miei due amatissimi cani, che mi hanno lasciato a pochi mesi di distanza l’una dall’altro, dopo 16 anni di onorato servizio. Non sono stati mesi facili.
Tutto a un tratto, i miei sogni e progetti di vita sono passati in secondo piano. Pensiamo di sapere cosa vogliamo e a cosa aspiriamo, ma quando la vita ci mette davanti alla perdita di chi amiamo (o anche solo alla minaccia di tale perdita) soltanto allora capiamo veramente chi siamo e dove sono le fondamenta del nostro cuore. Avrei barattato il viaggio dei miei sogni, un lavoro di successo e tutte le ricchezze del mondo per sapere che mio padre si sarebbe rimesso in forze (cosa che poi fortunatamente ha fatto!); per nessun motivo mi sarei privato di dare un’altra carezza ai miei cani anzianotti e acciaccati.
So di non essere stato l’unico ad aver trascorso momenti difficili. Molti di noi si sono ammalati di covid o hanno avuto familiari contagiati e purtroppo qualcuno non ha vinto la sua battaglia; per non parlare del calvario che ha vissuto chi è stato ricoverato, anche per altre patologie, e non ha potuto ricevere le visite dei suoi cari. Ricordo ancora l’attesa impotente di una chiamata dall’ospedale per avere notizie di mio padre, le maniere sbrigative dei medici oberati di lavoro.
Eppure è proprio grazie alle esperienze di vita fatte in viaggio che ho saputo fronteggiare alcune delle mie paure più profonde. Mi riferisco a quei viaggi difficili in cui ho dormito sul ciglio di una strada sterrata, a quei trekking nel deserto a 50 gradi, alle notti in tenda circondato dalle iene e a tutte le volte in cui ho avuto paura di essere in pericolo e sono stato gettato fuori dalla mia zona di comfort. Sono state acqua fresca rispetto a ciò che ho dovuto affrontare durante la pandemia, ma in qualche modo mi hanno preparato. E oggi posso fare un bilancio e affermare che questi ultimi due anni mi hanno fatto crescere moltissimo, mi lasciano più ricco.
Ho imparato che la vita non si cura dei nostri progetti, quindi non ha senso prenderli troppo sul serio. Una cosa è dedicarsi con amore ed entusiasmo al nostro lavoro e ai nostri hobby, un’altra è identificarsi fino a non saperci più distinguere da essi. È come quando si progetta un viaggio e si inseriscono tutte le mete che vorremmo visitare: dobbiamo mettere in conto gli imprevisti e non affezionarci troppo alla tabella di marcia. Diverse tappe salteranno, è inevitabile, e dobbiamo goderci il percorso fattibile, non quello ideale.
Ho imparato anche che fermarsi può essere una cura contro uno stile di vita troppo frenetico e può aiutarci ad ascoltarci più in profondità. Può sembrare strano, ma non ho sofferto l’impossibilità di viaggiare. Mi sono concentrato su quello che potevo fare, su quello che c’era da fare. È là che ho riversato tutte le mie energie. Prendermi cura della mia famiglia e farlo con tutto l’amore che avevo è stata un’esperienza così arricchente che oggi ne sono profondamente grato. Perché ho scoperto che so anche non essere egoista e soprattutto che essere felici non è avere dalla vita ciò che desideriamo, ma dedicarsi completamente a ciò che la vita ci mette nel piatto.
Ecco perché oggi più che mai rifiuto la retorica di certi influencer galvanizzati dall’ideologia del viaggio, quelli che usano hashtag come #wanderlust e #mollare-tutto-e-partire. Non è vero che chi parte è libero e chi resta è schiavo della routine. Restare richiede tanto coraggio quanto partire. Ciò che conta a volte non è muoversi verso, ma sapere stare tanto con la gioia quanto con il dolore, tanto con la soddisfazione quanto con la delusione.
Infine, gli anni del covid mi hanno insegnato che nessuno di noi è un’isola. La moda dell’individualismo è finita. Quello che succede agli altri impatta anche noi stessi e adesso ne abbiamo fatto tutti esperienza. Siamo responsabili di quanto accade nel mondo. Non dobbiamo dimenticarlo, almeno io non voglio.
È con questo spirito che tornerò a raccontare dei popoli che abitano il mondo, dei luoghi in cui vivono, delle meraviglie e delle difficoltà con cui si confrontano ogni giorno. Siamo tutti una cosa sola, quindi conosciamoci meglio!
Vi abbraccio con affetto e spero che stiate tutti bene.
Andrea
8 Comments
Andrea complimenti per quello che hai scritto… come al solito hai saputo trasmettere tante idee che condivido! Prima o poi torneranno le tende con le iene e sarà bellissimo… 🙂
Quando ti leggo mi riempi il ❤ mi mancavi….ti abbraccio anch’io e in bocca al lupo😘
Ho letto il tuo articolo. Grazie per le tue parole. Le condivido nel profondo.