Visitare il Chengdu Research Base of Giant Panda Breeding ad agosto significa sottoporsi ad un bagno di folla. Nel centro di conservazione si possono osservare nel loro habitat naturale i panda giganti. Io ho osservato anche le mille stranezze dei visitatori cinesi!
Lasciamo Dazu e le sue suggestive incisioni rupestri e ci spostiamo ancora ad ovest, verso le province tibetane. Facciamo una sosta a Chengdu, cittadina della provincia del Sichuan, nota per la sua grande riserva di Panda giganti. “Si può girovagare nel parco e si avvistano di frequente gli esemplari di panda che vivono nella riserva”, dice la mia compagna di viaggio Maria, al suo quinto soggiorno in Cina.
La ascolto fingendo noncuranza ma già mi immagino abbracciato al soffice petto peloso di un panda gigante.
Arriviamo a Chengdu di notte e cerchiamo un taxi che ci porti in albergo: siamo un gruppo di 5 viaggiatori e ormai abbiamo capito che dobbiamo dividerci in due sottogruppi e distanziarci lungo il ciglio della strada come se non ci conoscessimo. Se ci vedono insieme, i tassisti tendono a non fermarsi nemmeno.
Infatti, il numero massimo di persone che possono ospitare nell’abitacolo è 4: non parlano una parola di inglese e non hanno voglia di intrattenersi in una conversazione a gesti. Quindi, nel dubbio, passano oltre. Il mio autista mi ferma davanti all’albergo. A pochi metri di distanza, vedo scendere Maria dall’altra vettura.
“Mi ha graffiato il braccio!!”, esclama.
“Che cosa???”
“Mi ha fatto un prezzo altissimo per il tragitto, ho cercato di trattare e quando gli ho porto i soldi mi ha graffiato il braccio con le unghie!”
Promemoria: mai trattare il prezzo con i tassisti cinesi. Si rischia di venire graffiati selvaggiamente.
Entriamo in albergo: ci sono foto di panda appese ovunque nella hall. Sembra che Chengdu mantenga in vita i panda, proteggendoli dall’estinzione, per mantenersi in vita essa stessa. Turisti da ogni parte della Cina giungono qui con la speranza di poter vedere un panda, avvicinarsi a lui e magari stropicciare le sue guanciotte cicciottose.
Posiamo le valigie e cerchiamo un ristorantino dove mangiare qualcosa.
Entriamo in una bettola lungo la strada: i locali qui sembrano tutte bettole, il ché non implica affatto che si mangi male. Ordinare dal menu si rivela faticoso e difficile. O forse siamo noi ad essere difficili?
“A beer please, but only cold. If it is not cold, no beer but water. But cold water. Is the water cold?”
“Are Noodles with pork spicy? No spicy for me! I mean, only a little spicy but not too spicy. Can you cook medium spicy?”.
La proprietaria del ristorante annuisce e sorride senza capire nulla. Finalmente interviene una giovane cliente che sta mangiando al tavolo vicino al nostro. Parla un buon inglese e ci aiuta a concludere l’ordinazione. Dio la benedica. Pochi minuti dopo, arriva la birra. Ovviamente calda. Di frigo è finita. Sostengo che sia già un buon risultato averla in tavola e cerco di convincere tutti che la birra calda sia anche migliore di quella fresca.
Chengdu è famosa per le zuppe di noodles con carne quindi vorrei provarne una. Devo dire che non mi fa impazzire. Il brodo non ha nessun sapore particolare. Forse non dovevamo pasticciare la ricetta chiedendo di eliminare il piccante. Al tavolo accanto, un ragazzo sui vent’anni rovescia un’intera bottiglia di salsa di soia nella sua scodella di zuppa. Giuro. E io che pensavo di avere una dipendenza dalla salsa di soia..
Con la cosa dell’occhio, continuo a sbirciare la ragazza che parla inglese. Cerco di carpire cosa sta mangiando, cosa beve, con chi parla. È al tavolo con un ragazzo kaukasico. Notano che li fisso e mi invitano a sedermi al loro tavolo.
Felice di aver trovato un cinese che parla inglese, mi unisco a loro e chiacchieriamo un po’. Alla fine, prendo coraggio e le chiedo di darmi una lezione di cinese sulle mie pietanze preferite.
Lei acconsente divertita e il risultato è questo. Chin-glish!
PS: Passo la notte sulla tazza del bagno. Maledetta bettola! La mattina mi trova quasi cadavere, ma la visita ai panda mi risolleverà il morale, ne sono sicuro.
Il Chengdu Research Base of Giant Panda Breeding è un centro di conservazione dove i visitatori possono osservare nel loro habitat naturale i panda giganti.
Nato nel 1987, il centro ha accolto inizialmente 6 panda selvatici trovati in precarie condizioni di vita. Grazie alle cure ricevute, questi 6 panda si sono riprodotti e, nel 2008, il parco ha raggiunto il sorprendente numero di 83 esemplari.
I visitatori prendono d’assalto il centro tutto l’anno, ma il picco di turisti arriva ad agosto. E noi con loro. A ferragosto. Arriviamo in taxi di prima mattina e c’è già una lunga fila. Il caldo è intenso. Capiamo subito che non ha senso rispettare l’ordine di arrivo. Tutti si scavalcano e si sorpassano l’un l’altro in continuazione. È un blob umano che si indirizza scomposto alle biglietterie. Tiriamo fuori il nostro spirito mediterraneo e in dieci minuti siamo dentro al parco.
Cominciamo a gironzolare per gli ampi e lunghissimi viali. Ci sono anche dei servizi di navetta per attraversare più velocemente la riserva ma l’attesa è di circa 40 minuti. Dopo un’ora di camminata senza nessun tipo di avvistamento, iniziamo a spazientirci. Intorno a noi, migliaia di altri disperati si chiedono che fine abbiano fatto i panda.
“Scusate, avete visto dei panda?”, ci chiede un ragazzo che viene dalla direzione opposta alla nostra. “No. Ma ne hai due nascosti tra le tue orecchie!”, rispondo scherzando.
“Fa troppo caldo oggi”, risponde lui. “Saranno tutti dentro alle gabbie”.
Effettivamente è così. Ci sono anche dei cartelli che avvisano i visitatori che, per via del caldo record che ha colpito la città, i panda sono stati radunati al fresco nelle recinzioni coperte. Nella fretta di abbracciare un panda non li avevamo letti.
Si tratta di grandi stanze tenute al fresco da potenti condizionatori con grandi vetrate oltre le quali è possibile sostare e fotografare i panda. I vetri sono appannati e gocciolanti, pieni di ditate e i visitatori vi si ammassano contro, in un tentativo disperato di avvicinarsi il più possibile a queste docili e coccolose creature. Divido i miei sguardi al di là ed al di qua della vetrata. Da una parte, due esemplari di panda adolescenti giocano tra loro, non curandosi di essere spiati. Dall’altra, decine di esemplari di esseri umani, affamati di tenerezza, la cercano con gli occhi in un luogo così vicino e così inaccessibile.