Assistere ad un eagle festival è uno dei modi migliori per entrare a contatto con la cultura dei pastori kazaki mongoli. Il più importante evento del genere si tiene a Olgii, sui monti Altaj, ma è assolutamente degno di nota anche il festival di Sagsai, distante solo qualche chilometro, che raccoglie un numero minore di turisti e quindi regala un’esperienza ancora più genuina.
Ma cos’è la caccia con le aquile? E cosa aspettarsi da un eagle festival mongolo? Ecco il resoconto della mia esperienza alla prima edizione primaverile del Sagsai Eagle Festival, tenutasi il 21 marzo 2023.
Quando mi hanno proposto di partire per la Mongolia in inverno, con temperature medie che si aggirano intorno ai -15 gradi, non ho avuto dubbi: ho accettato subito. Quest’anno si è tenuta infatti la prima edizione del Sagsai Eagle Festival di marzo. La storica competizione si svolge di solito ad ottobre, all’inizio del periodo di caccia con le aquile; da quest’anno, si ripete anche all’arrivo della primavera, cioè quando l’attività di falconeria mongola chiude i battenti.
È un’occasione unica e non posso mancare. Il tour operator a cui mi sono affidato non ha fatto segreto del fatto che in 10 anni la mia era solo la terza spedizione che riuscivano a mandare sugli Altaj a marzo. In loco ci avrebbe accolto Uugie, un corrispondente di comprovata affidabilità, ma alcuni dettagli del percorso sarebbero stati definiti sul posto. D’altronde, esperienze uniche richiedono determinazione e coraggio.
Il mio soggiorno sugli Altaj non prevede l’alloggio in albergo. Ho infatti optato per una convivenza a contatto diretto con i pastori kazaki che abitano l’altopiano. Per raggiungere la famiglia che mi ospita, volo ad Ulan Bator e aspetto il primo volo per Olgii, che parte due volte a settimana, tempeste di neve e vento permettendo. Da qui, a bordo di un UAZ, guido fino a Sagsai, un villaggio di 5.000 anime; poi mi inoltro per qualche ora nel nulla più assoluto, fino a raggiungere la sperduta fattoria di Erlan Baimandai. Con lui trascorro 4 giorni, dormendo nelle ger e cavalcando per le steppe. Assisto agli addestramenti delle aquile e festeggio l’arrivo della primavera mangiando testa di capra bollita. È un’esperienza surreale, che mi riempie di stupore e mi permette di creare un legame stretto con i pastori che mi ospitano (ne parlo in dettaglio qui).
Quando, il giorno del festival, vedo arrivare Erlan e suo figlio Arhalyh per iscriversi alla competizione, sento un forte coinvolgimento, come se gareggiassero dei membri della mia famiglia. Grazie alla mediazione di Uugie, ho imparato molto sullo stile di vita dei kazaki e ho imparato ad apprezzarne il temperamento schivo ma ospitale. “Una volta che conquisti la loro fiducia”, mi confida Uugie, “ i kazaki sono generosi e leali come solo chi vive in territori aspri sa essere”.
Se state pensando di assistere all’Eagle Festival, vi consiglio senza dubbio di cercare una sistemazione presso una famiglia del posto. Dovrete adattarvi a vivere in pieno stile mongolo, con i bagni all’esterno, le stufe a carbone, il cibo dall’intenso sapore di carne di montone, ma vi assicuro che collezionerete momenti indimenticabili e comprenderete meglio il contesto che da tempi immemori ha dato vita alla caccia con le aquile.
La caccia con le aquile è un’attività millenaria, tipica della steppa euroasiatica. Originaria del Kazakhstan e del Kirghizistan, è diffusa anche nella Mongolia occidentale, tra le popolazioni kazake che abitano sugli Altaj nei pressi di Olgii e Sagsai.
La caccia viene condotta a cavallo ed ha come prede predilette volpi rosse e corsac: le loro pelicce dorate spiccano contro il manto nevoso e rende gli animali più facili da avvistare. È una pratica amatoriale, un passatempo invernale, che rifornisce le famiglie della pelliccia necessaria per cucire gli splendidi cappotti con cui i kazaki affrontano le fredde giornate invernali.
Il falconiere cavalca fino alla cima della montagna, portando l’aquila al braccio. La lascia quindi libera di avvistare la preda, cacciarla e riportagliela. Sono richiesti mesi di allenamento e braccia forti, dal momento che un’aquila adulta può pesare fino a 12 kili.
I berkutchi (così vengono chiamati i falconieri in lingua kazaka) dispongono di più aquile, alcuni ne hanno anche 5, e prediligono le femmine di aquila reale, che rubano dal nido poco prima che diventino adulte. L’aquilotto deve infatti aver già appreso dalla madre quelle abilità venatorie che non potrebbe apprendere dall’uomo. Portate le aquile a casa, le incappucciano e le legano affinchè non scappino.
Nonostante la cattività, le aquile si adattano a vivere con gli umani e i pastori le riempiono di attenzioni, cure e coccole. I cacciatori hanno un forte rispetto per i rapaci e li rilasciano dopo 5-10 anni di servizio, per consertire loro di tornare in libertà e riprendere la loro vita selvaggia.
Si stima che siano rimasti solo 300 cacciatori di aquile in tutta la Mongolia anche se il crescente interesse turistico sta ridando forza a questa antica pratica.
Ammaestrare un’aquila significa insegnarle a cacciare la preda senza mangiarla e soprattutto a riportarla. Fidelizzare un animale tanto indipendente è un’arte difficile: non c’è da meravigliarsi pertanto se gli eagle hunters amino competere per stabilire chi abbia l’aquila più prestante e collaborativa.
Ogni anno, ad ottobre, si svolgono due Eagle Festival sui monti Altaj. Il più importante ha sede a Olgii, dove si radunano centinaia di cacciatori; il secondo è a Sagsai e ha una forza attrattiva minore (circa 40 falconieri).
Dopo la realizzazione del documentario La principessa e l’aquila (titolo originale The huntress), la falconeria mongola sta vivendo una nuova primavera e questo ha spinto la Mongolian Eagle Hunter Association a inaugurare l’edizione primaverile del festival di Sagsai.
Nel suo discorso di apertura, il presidente sembra rivolgersi più ai fotografi stranieri che ai falconieri. “Speriamo che vi divertiate e che torniate con i vostri amici anche l’anno prossimo”.
In effetti, la presenza sempre maggiore di turisti stranieri sta cambiando il volto del festival, che ha rivisto alcune pratiche per renderle meno indigeste al palato occidentale; questo genera alcune preoccupazioni tra i cacciatori più conservatori, che temono una eccessiva spettacolarizzazione dell’evento e uno snaturamento delle loro tradizioni (ne parlo in dettaglio qui).
La spianata dove gareggeranno i falconieri è fiancheggiata dai monti, così da permettere loro di raggiungere la cima più vicina da cui far volare le aquile. Arrivano alla spicciolata, tutti rigorosamente a cavallo e con l’aquila al braccio, indossando i loro abiti migliori.
Devo dire che mi aspettavo di trovare molti più turisti, ma si tratta pur sempre di una prima edizione (per giunta, in un momento di bassa stagione turistica). Forse gli organizzatori resteranno delusi dal numero limitato di spettatori, ma per me si tratta di una benedizione: fotografare un evento affollato avrebbe comportato molti più limiti e restrizioni.
I cacciatori sprizzano fascino da tutti i pori e si lasciano fotografare volentieri. Tra i partecipanti, scorgo anche una ragazzina di 12 anni. I turisti la circondano con grande entusiasmo e molti le chiedono se sia proprio lei la protagonista del celebre documentario. Lei risponde di no, anche se il suo sguardo al contempo gentile e agguerrito ricorda molto quello della cacciatrice del film.
Dopo aver preso i nomi di tutti i partecipanti e averli fatti sfilare maestosamente nella radura, possono finalmente iniziare le gare.
Gli Eagle Festival si fondano su diverse specialità, alcune mettono alla prova la fedeltà delle aquile, altre le capacità amazzoniche dei cavalieri.
Dapprima i cacciatori portano l’aquila sulla cima della montagna e la richiamano a sé, mentre i giudici cronometrano il tempo impiegato per concludere l’esercizio; poi alle aquile viene richiesto di cacciare una preda morta, trascinata con una corda dai cavalli al galoppo. Seguono il tiro con l’arco a cavallo e il colpo della pelle di capra fino a farne brandelli.
Altre specialità tipiche prevedono che i fantini raccolgano una moneta da terra, la corsa dei cavalli o dei cammelli, l’inseguimento tra cavalieri che termina quando chi insegue riesce a colpire con la frusta chi scappa. Purtroppo non ho avuto modo di vedere queste ultime prove, dal momento che l’edizione primaverile del Sagsai Eagle Festival si svolge in un’unica giornata (gli eventi di ottobre ne prevedono due).
Tutto si svolge con la massima calma e anche con una certa dose di improvvisazione. I giudici assistono alle gare dietro un tavolino da campo, ma senza sedie su cui sedersi. Le aquile si mostrano pigre e poco coinvolte. Molti cacciatori non riescono a farle atterrare sulla preda, ottenendo dei severi zero come votazione.
Inoltre, la spianata che percorrono al galoppo in attesa che l’aquila plani è abbastanza lontana dalle postazioni degli spettatori, e questo li rendere visibili come dei puntini all’orizzonte. Se assistete all’evento per fotografarlo, vi consiglio di portare un teleobiettivo molto performante (un 200 mm non sarà sufficiente).
Il momento che mi ha più divertito, strano a dirsi, non coinvolgeva le aquile ma solo i cacciatori. Mi riferisco al tiro con l’arco al galoppo: centrare il bersaglio non è affatto facile e il pubblico rideva rumorosamente ogni volta che la freccia mancava l’obiettivo. Ridevano anche i falconieri, accettando la sconfitta con ironia. Un paio di arcieri hanno spaccato il centro al millimetro, ricevendo ovazioni di ammirazione.
Le prove si interrompono all’ora di pranzo, per consentire ai presenti di mettere qualcosa nello stomaco, e riprendono nel pomeriggio. Nei festival di ottobre, sono presenti anche stand che vendono cibo locale ma non ne ho trovati qui a Sagsai. Fortunatamente, Uugie ha pensato anche a questo e ha portato con noi una cuoca che ci ha cucinato un buon piatto di noodles con carne di montone.
Al termine dell’evento, i giudici annunciano e premiano i vincitori. I miei amici Erlan e Arhalyh si posizionano rispettivamente 4° e 2°. È un’emozione vederli ricevere l’attestato e sorseggiare vodka per celebrare la vittoria!
Poco prima del tramonto, tutti smontano le tende e tornano a casa, carichi di ricordi ed emozioni. La radura torna deserta, senza il minimo segnale del passaggio dell’uomo.
La Mongolia ha un rapporto molto intimo con la natura, che considera una madre e rispetta profondamente. Se decidete di visitare il paese, prestate attenzione ai cigli delle strade: difficilmente troverete rifiuti a terra. Fate attenzione a non lasciarne voi.
Per accedere all’Eagle Festival è necessario contattare un tour operator locale, dal momento che i biglietti vanno comprati in anticipo e avrete bisogno di mezzi sicuri e guidatori esperti per raggiungere la località precisa.
È inoltre importante vestirsi adeguatamente, tenendo presente le temperature rigide di marzo e, in misura minore, di ottobre. Se il sole si copre di nuvole, le temperature calano rapidamente.