Di ritorno dal mio viaggio in Myanmar, ho voluto appuntare tutte le usanze e le stranezze di questo popolo sorridente e gentile.
Alcune le troverete deliziose, altre forse disgustose (specialmente se non vi siete mai
recati in Asia)… in ogni caso, scommetto che vi faranno venire voglia di partire subito per il Myanmar e costatare con i vostri occhi se è tutto vero!
Un vecchio detto recita “paese che vai, usanze che trovi”.
Quando torniamo da un viaggio di lavoro o da una vacanza, ci piace invitare gli amici per raccontare tutte le stranezze e le assurdità che abbiamo visto all’estero.
E se noi italiani non smettiamo di stupirci delle abitudini dei nostri cugini francesi (portano le baguette sotto le ascelle!) o dei parenti serpenti inglesi (hanno la moquette in bagno!), allo stesso modo veniamo canzonati per le nostre manie igieniche (cosa devono farci gli italiani con il bidet? forse non amano farsi la doccia tutti i giorni?).
Ma per quanto possiamo tirarci gli stracci per le piccole differenze che ci contraddistinguono, nulla può preparare un europeo all’impatto con gli stili di vita degli altri continenti.
I birmani sono di religione buddista e ne vivono pienamente i valori. Arrecare danno o disagio al prossimo è un’atto disdicevole. Fa accumulare karma negativo: le nostre azioni determineranno le nostre condizioni di nascita nelle vite future, quindi non c’è nessun tornaconto a lungo termine nel comportarsi scorrettamente. Quello che facciamo oggi ci sarà fatto domani.
C’è una parola apposita per esprimere il corretto modo di comportarsi con gli altri: Ana. Sin da piccoli, i birmani sono educati a non fare niente che possa arrecare imbarazzo o disagio al prossimo e questo si traduce in un’indole pacifica, riservata ed estremamente pudica.
Ecco perché è importante evitare di prendersi troppa confidenza o chiedere l’impossibile. Durante un pranzo in una casa privata, una mia amica ha chiesto il bis al nostro ospite. Purtroppo la pietanza era finita e, per l’imbarazzo di non poterci accontentare, il padrone di casa si è inginocchiato in terra pregandoci di perdonarlo.
Le donne birmane si dipingono il viso con la thanaka, una polvere gialla ottenuta dall’albero della Lemonia Acidissima.
Le attribuiscono molte proprietà benefiche, tra cui poteri antibatterici e purificanti. La thanaka è anche una ottima protezione dal sole. Per questo le mamme la applicano sul viso dei bambini, ma è piuttosto raro che gli uomini ne facciano uso.
Se reputano la thanaka un trattamento viso riservato alle donne, lo stesso non si può dire per le gonne, che vengono indossate regolarmente anche dagli uomini. Si chiama Longyi ed è un tessuto a quadri che si ripiega su se stesso in vita e si tiene senza nodi. Gli uomini piegano la stoffa in un verso, le donne nel verso contrario. Sbagliare la piega genera ilarità e prese in giro!
In Birmania è frequente che la gente vi sorrida con cortesia. Spesso però noterete che i loro denti sono rossicci e macchiati: avviene a causa del betel, un miscuglio di polvere di noce e calce che viene masticato e sputacchiato in terra. Viene usato per tirarsi su e non sentire il peso della stanchezza. Le strade di Yangon erano talmente sputacchiate e macchiate che il governo ne ha vietato l’utilizzo per questioni di decoro. Ma si tratta di una usanza molto radicata, come dimostrano i giovani dai sorrisi color sangue!
In Myanmar, come in tutta l’Asia, lo street food è una parte fondamentale della cultura culinaria. Si può trovare un po’ di tutto e ogni città ha il suo piatto tradizionale, ma non manca mai la bancarella degli insetti fritti. Cavallette e larve sono considerati cibi salutari, ricchi di proteine nobili e soprattutto a buon mercato. Le provereste?
Quando sentite dire che la Birmania è il paese della gentilezza, non è tanto per dire. Il buddismo è parte del DNA di questo popolo e l’idea di nuocere al prossimo, soggiogarlo e trattarlo con aggressività è vissuto davvero come qualcosa di vergognoso. Fa sorridere quindi vedere l’ultima moda dei giovani: si tingono i capelli di colori sgargianti e portano tagli audaci. Ricordano un po’ il nostro punk anni ’70, ma senza alcuna connotazione di ribellione giovanile.
Nei luoghi sacri e nelle case, si entra dopo essersi tolti le scarpe. Si tratta di una forma di rispetto e di una pratica igienica. La regola vale anche per quei luoghi di culto all’aria aperta, poco importa se è piovuto e i viali sterrati si sono trasformati in vasche fangose. Portatevi salviettine umidificate per pulirvi i piedi e non vi lamentate: il vostro sistema immunitario si rafforzerà!
Se si è ospiti a casa di qualcuno, invece, è probabile che mangerete seduti per terra. Non rivolgete mai i piedi verso l’interlocutore: teneteli incrociati o rivolti altrove. Puntare i piedi verso gli altri è considerata una grave forma di maleducazione: dopo tutto, sono la parte meno pulita del corpo.
Camminando per le strade del Myanmar, si incorre spesso in gabbie piene di uccellini di piccole dimensioni. Non sono venduti per cibarsene, né per tenerli in gabbia. Si tratta degli uccelli della fortuna: vengono comprati per essere liberati, nella convinzione che questo gesto di gentilezza sia di buon auspicio per chi lo compie.
Per i buddisti otto è un numero sacro: l’otto rappresenta l’equilibrio e otto sono i passi dell’ottuplice sentiero che conducono verso l’illuminazione, che poi è la cessazione del dolore. Otto sono gli eventi fondamentali della vita del Buddha, otto sono gli altari in ogni pagoda e otto sono quindi i giorni della settimana.
Il mercoledì infatti conta doppio e viene diviso in mattina e sera. Non solo: i segni zodiacali vengono assegnati in base al giorni di nascita, non al mese dell’anno. Quindi se si nasce di mercoledì mattina, si è del segno dell’elefante con le zanne; se si nasce di pomeriggio, sarete sempre del segno dell’elefante… ma senza zanne!
I birmani non seguono il calendario gregoriano, ma quello del buddismo Theravada, che non coincide con la nascita di Cristo ma con la morte di Buddha. Il loro anno zero coincide quindi con il 463 a.C.
Il nuovo anno arriva a metà aprile e i festeggiamenti durano una settimana e prevedono gavettoni e secchiate d’acqua tra sconosciuti. Si chiama Thingyan, festival dell’acqua. Dopo tutto, l’acqua è fonte di vita, quindi quale miglior augurio di prosperità che gettarsela addosso?
Il Myanmar non è un paese ricco e la maggioranza delle persone che lo abitano sono povere secondo i nostri standard.
Ciononostante, è usanza comune ricoprire i luoghi di culto di foglie d’oro, che vengono battute a mano fino a diventare dello spessore di 0,01 mm e poi vendute per essere apposte su statue e stupa. Nel santuario della Golden Rock, l’intera roccia che sostiene lo stupa dedicato a Buddha è ricoperto d’oro. Uno spettacolo indescrivibile al tramonto, quando la luce fa brillare le foglie d’oro e l’intera roccia vibra di riflessi come avesse vita propria.
Può sembrare un controsenso ma in Myanmar le auto hanno il volante a destra, come in Inghilterra, ma si guida a destra come in Italia. Questo rende il traffico caotico e le manovre di sorpasso molto audaci!
In passato la Birmania è stata una colonia britannica, quindi è stato predisposto un tipo di guida in linea con le norme britanniche: guida a sinistra e volante a destra.
Il generale Nay Win ha poi deciso di portare la guida sul lato destro, come in Italia: le auto però continuano ad essere realizzate secondo il modello britannico, creando questo insensato cortocircuito logico.
In Myanmar è considerato molto scortese chiamare il cameriere gridando o alzando la mano. Si preferisce far schioccare le labbra, come quando si vuole lanciare un bacio!
Una delle cose più assurde e fastidiose del mio viaggio in Myanmar è stato il cambio con la moneta locale. In Myanmar non ci sono bancomat e non accettano carte di credito. Prima di partire, ho ricevuto indicazioni chiarissime: portare solo valuta in dollari e appena uscita dalla banca. Se volete visitare il Myanmar, assicuratevi che le vostre banconote siano immacolate, senza nessun segno e -per carità di Dio- senza nessuna piega.
Al mio arrivo ho incontrato una persona preposta alla selezione delle banconote: è sufficiente una piccola grinza su una banconota nuova di zecca per vedersi rifiutare il cambio con la moneta locale. Armatevi di pazienza: l’operazione durerà molto tempo. In cambio riceverete quintali kyat, la valuta locale, tutti stropicciati e strappati. Come si suol dire, due pesi e due misure.
Ogni mattina presto, è possibile vedere file di monaci lungo le strade che raccolgono offerte di cibo e soldi nelle loro ciotole di lacca nera. Si tratta del rito del pranzo, che va consumato entro le 11 di mattina secondo un rigido precetto religioso. È un momento di vita quotidiana che caratterizza fortemente i Myanmar.
I monaci sono considerati i protettori del popolo: con il loro stile di vita frugale, gli anni di studio sui testi sacri e le lunghe ore di meditazione quotidiana, aiutano l’intera comunità nel cammino verso l’illuminazione. Il fatto che vivano di elemosina può portare noi occidentali fuori strada. Non si tratta di una elemosina, ma di un atto che apporta valore a chi dona, non a chi riceve.
Ho avuto la fortuna di assistere al rito in un monastero di Amarapura: un’esperienza che non dimenticherò per il resto della vita!
In ogni tempio che si visita in Myanmar, si vedono persone sedute, quiete, con gli occhi chiusi. Stanno meditando.
Svuotare la mente da ogni pensiero e ritrovarsi nel flusso costante del proprio respiro è per i buddisti la cosa più vicina al nostro pregare.
I buddisti non concepiscono nessun Dio superiore. Il viaggio spirituale si conclude nella ricerca della pace interiore. È quella la ricompensa che riceve chi medita. La liberazione dal vortice dei pensieri.
Nel santuario della Golden Rock, ho visto centinaia di buddisti meditare per tutta la notte davanti alla roccia sacra. Si respirava tanta serenità e uno spirito di profonda unione. È stato rigenerante e commovente. In chiesa di rado ho avvertito un’atmosfera simile.
Come avviene in molti paesi del mondo, anche in Myanmar si è soliti portare le cose in testa. Si sfrutta la forza dei muscoli del collo, invece che delle braccia. Le donne birmane che portano grandi vassoi sul capo sono considerate molto eleganti, e hanno le braccia libere per tenere per mano i loro bambini.
Il Myanmar è famoso in tutto il mondo per il lago Inle e per lo stile con cui i pescatori Intha conducono le loro barche: in piedi a poppa della barca, si reggono con una sola gamba mentre con l’altra tengono il remo. Questo libera le braccia dal compito di spingere la barca e consente di tenere in mano le reti da pesca. Le loro silhouette al tramonto sono mozzafiato.
Le donne giraffa, della tribù Kayan (o Padaung), sono un elemento folkloristico birmano che lascia affascinati e perplessi. Una antica usanza vuole che, sin da bambine, le femmine indossino anelli di ottone al collo. Se ne appongono di nuovi man mano che crescono: il peso del metallo porta la cassa toracica ad abbassarsi, producendo l’effetto ottico di un allungamento innaturale del collo.
Questa pratica ha origini poco chiare: forse si tratta di un ornamento estetico, forse una protezione contro gli attacchi delle tigri nei villaggi.
In ogni caso, non sembra esserci nessun intento di sottomissione della donna da parte degli uomini della tribù: le donne sono libere di scegliere se indossare o meno gli anelli e la pratica sta rapidamente cadendo in disuso. Oggi le donne indossano gli anelli per motivi di turismo: siamo noi viaggiatori che chiediamo di vederle, lasciando mance per una foto, che contribuiamo a far sopravvivere questa realtà. Se vi chiedono di visitare il loro villaggio, riflettete prima di accettare!